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Gruppo di Preghiera dei Piccoli Discepoli di Gesù Misericordioso

Per quel che dicono la Chiesa e la parola di Dio, siamo un piccolo gruppo di evangelizzazione che opera in obbedienza alla Chiesa, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Siamo “i piccoli discepoli di Gesù misericordioso” cristiani cattolici grazie al Santo Battesimo.

GESU’ a Suor Faustina

” Voglio che l’immagine… – ha detto Gesù a S. Faustina – venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua: questa domenica deve essere la Festa della Misericordia ( 27 ). Desidero che la Festa della Misericordia sia di riparo e rifugio per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori. In quel giono sono aperte le viscere della Mia Misericordia, riverserò tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano
alla sorgente della Mia Misericordia”.
“L’anima che si accosta alla confessione e alla santa Comunione, riceve il perdono totale delle colpe e delle pene. In quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me, anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto”. ( 699 )

Gruppo di PreghieraGesù Confido in Te

“Con il santo Battesimo diventiamo figli di Dio nell’Unigenito suo Figlio, Cristo Gesù. Uscendo dalle acque del sacro fonte, ogni cristiano riascolta la voce che un giorno si è udita sulle rive del fiume Giordano: “Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” ( Lc 3,22), e capisce che è stato associato al Figlio prediletto, diventando figlio di adozione (Gal 4,4-7) e fratello di Cristo. Rivolgendosi ai battezzati come a “bambini appena nati”, l’apostolo Pietro scrive: “Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali a Dio, per mezzo di Gesù Cristo…. Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce (1 Pt 2,4- 5,9).
Ecco un nuovo aspetto della grazia battesimale e della dignità battesimale: i fedeli laici partecipano, per la loro parte, al triplice ufficio sacerdotale, profetico e regale di Gesù Cristo. I fedeli laici sono partecipi dell’ufficio sacerdotale,  per il quale Gesù ha offerto se stesso sulla croce e continuamente si offre nella celebrazione eucaristica a gloria del Padre per la salvezza dell’umanità. Incorporati a Gesù Cristo, i battezzati sono uniti a lui e al suo sacrificio nell’offerta di se stessi e di tutte le loro attività (Rom 12,1-2).
La partecipazione all’ufficio profetico di Cristo, “il quale e con la testimonianza della vita e con la virtù della parola ha proclamato il regno del Padre”, abilita e impegna i fedeli laici ad accogliere nella fede il Vangelo e ad annunciarlo con la parola e con le opere non esitando a denunciare coraggiosamente il male: Uniti a Cristo, il “grande profeta” (Lc 7,16), e costituiti nello Spirito “testimoni” di Cristo risorto, i fedeli laici sono resi partecipi della grazia della parola (At 2, 17-18; Ap 19,10). Per la loro appartenenza a Cristo signore e Re dell’universo i fedeli laici partecipano al suo ufficio regale e sono da lui chiamati al servizio del regno di Dio e alla sua diffusione nella storia.
Essi vivono la regalità cristiana, anzitutto mediante il combattimento spirituale per vivere in se stessi il regno del peccato (Rm 6,12), e poi mediante il dono di sé per servire, nella carità e nella giustizia, Gesù stesso presente in tutti i suoi fratelli, soprattutto nei più piccoli (Mt 25,40).

In forza della comune dignità battesimale il fedele laico è corresponsabile, insieme con i ministri ordinati e con i religiosi e le religiose, della missione della chiesa.

I fedeli laici, proprio perché membri della chiesa, hanno la vocazione e la missione di essere annunciatori del Vangelo: per quest’opera sono abilitati e impegnati dai sacramenti dell’iniziazione cristiana e dai doni dello Spirito Santo.
E’ nell’evangelizzazione che si concentra e si dispiega l’intera missione della chiesa, il cui cammino storico si snoda sotto la grazia e il comando di Gesù Cristo: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15); “Evangelizzare scrive Paolo VI è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda.”
La “buona novella” tende a suscitare nel cuore e nella vita dell’uomo la conversione e l’adesione personale a Gesù Cristo Salvatore e Signore. Certamente l’imperativo di Gesù: “andate e predicate il Vangelo” mantiene sempre vivo il suo valore ed è carico di un’urgenza intramontabile. Ogni discepolo è chiamato in prima persona; “Guai a me , se non predicassi il Vangelo!”(I Cor 9,16).

Per l’evangelizzazione del mondo occorrono, anzitutto, gli evangelizzatori. Per questo tutti, a cominciare dalle famiglie cristiane, dobbiamo sentire la responsabilità di favorire il sorgere e il maturare di vocazioni specificamente missionarie, sia sacerdotali e religiose sia laicali, ricorrendo ad ogni mezzo opportuno, senza mai trascurare il mezzo privilegiato della preghiera, secondo la parola stessa del Signore Gesù: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe! ” (Mt 9,37-38).

Evangelizzazione nel mondo contemporaneo di Paolo VI Al centro del messaggio: la salvezza in Gesù Cristo (27)
L’evangelizzazione è una chiara proclamazione che, in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, morto e risuscitato, la salvezza è offerta a ogni uomo, come dono di grazia e misericordia di Dio stesso. E non già una salvezza immanente, a misura dei bisogni materiali o anche spirituali che si esauriscono nel quadro dell’esistenza temporale e si identificano totalmente con i desideri, le speranze, le occupazioni, le lotte temporali, ma altresì una salvezza che oltrepassa tutti questi limiti per attuarsi in una comunione con l’unico Assoluto, quello di Dio: salvezza trascendente, escatologica, che ha certamente il suo inizio in questa vita, ma che si compie nell’eternità.

Per la chiesa, la testimonianza di una vita autenticamente cristiana, abbandonata in Dio in una comunione che nulla deve interrompere, ma ugualmente donata al prossimo con uno zelo senza limiti, è il primo mezzo di evangelizzazione. “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, dicevamo lo scorso anno a un gruppo di laici se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni.
Una predicazione vivente (42)
“Come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo”. Questa legge posta un giorno dall’apostolo Paolo conserva ancor oggi tutta la sua forza.

Accanto alla proclamazione fatta in forma generale del Vangelo, l’altra forma della sua trasmissione, da persona a persona, resta valida e importante. IL Signore l’ha spesso praticata come ad esempio attestano le conversazioni con Nicodemo, Zaccheo, la Samaritana, Simone il fariseo e con altri e anche con gli Apostoli. C’è forse in fondo una forma diversa di esporre il Vangelo, che trasmettere ad altri la propria esperienza di fede? Chiesa tutta intera missionaria (59)
Se vi sono uomini che proclamano nel mondo il Vangelo della salvezza, lo fanno per ordine, nel nome e con la grazia del Cristo Salvatore. “Come lo annunzieranno senza essere prima inviati?”. E in un altro testo: “Tutta la chiesa è missionaria, e l’opera evangelizzatrice è un dovere fondamentale del popolo di Dio…”.

La costatazione che la Chiesa è inviata e destinata all’evangelizzazione, dovrebbe suscitare in noi due convinzioni.
La prima: evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale. Come conseguenza, la seconda convinzione: se ciascuna evangelizza in nome della Chiesa, la quale a sua volta lo fa in virtù di un mandato del Signore, nessun evangelizzatore è padrone assoluto della propria azione evangelizzatrice, con potere discrezionale di svolgerla secondo criteri e prospettive individualistiche, ma deve farlo in comunione con la Chiesa e con i suoi Pastori

Nel nome del Signore Gesù Cristo, e nel nome degli Apostoli Pietro e Paolo, noi esortiamo tutti coloro che, grazie ai carismi dello Spirito Santo e al mandato della Chiesa, sono veri evangelizzatori, ad essere degni di questa vocazione, ad esercitarla senza le reticenze del dubbio e della paura, a non trascurare le condizioni che renderanno tale evangelizzazione non solo possibile ma anche attiva e fruttuosa.

L’evangelizzazione non sarà mai possibile senza l’azione dello Spirito Santo. Su Gesù di Nazareth, lo Spirito discende nel momento del battesimo, quando la voce del Padre “Questi è il figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3,17) manifesta in modo sensibile la sua elezione e la sua missione. “Condotto dallo Spirito,” egli vive nel deserto la lotta decisiva e la prova suprema prima di iniziare la missione. (Mt 4,1) “Con la potenza dello Spirito” (Lc 4,14) egli ritorna in Galilea, e a Nazareth da inizia alla sua predicazione, applicando a se stesso il brano di Isaia. “Lo Spirito del Signore è sopra di me”. “Oggi egli proclama si è adempiuta questa scrittura” (Lc 4,18,21; cfr. Is 61,1). Ai discepoli, quando è sul punto di inviarli, dice alitando su di loro: “Ricevete lo Spirito Santo” “Gv 20,22). Di fatto, soltanto dopo la discesa dello Spirito Santo, nel giorno della Pentecoste, gli Apostoli partono verso tutte le direzioni del mondo per cominciare la grande opera di evangelizzazione della Chiesa, e Pietro spiega l’evento come realizzazione della profezia di Gioele: “Io effonderò il mio Spirito” (At 2,17). Le tecniche dell’evangelizzazione sono buone, ma neppure le più perfette tra di esse potrebbero sostituire l’azione discreta dello Spirito. Senza di lui la dialettica più convincente è impotente sullo spirito degli uomini. Se lo Spirito ha un posto eminente in tutta la vita della chiesa, egli agisce soprattutto nella missione evangelizzatrice: Si può dire che lo Spirito Santo è l’agente principale dell’evangelizzazione: è lui che spinge ad annunziare il Vangelo e che nell’intimo delle coscienze fa accogliere e comprendere la parola della salvezza. Ma si può parimenti dire che egli è il termine dell’evangelizzazione: egli solo suscita la nuova creazione, l’umanità nuova a cui l’evangelizzazione deve mirare, con quella unità nella varietà che l’evangelizzazione tende a provocare nella comunità cristiana. Per mezzo di lui il Vangelo penetra nel cuore del mondo, perché egli guida al discernimento dei segni dei tempi, segni di Dio che l’evangelizzazione discopre mette in valore nella storia.

L’opera dell’evangelizzazione suppone nell’evangelizzatore un amore fraterno sempre crescente verso coloro che egli evangelizza. L’Apostolo Paolo, modello di ogni evangelizzatore, scriveva ai Tessalonicesi queste parole, che sono un programma per tutti noi: “Così affezionato a voi, avremmo desiderato darvi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari” (I Ts2,8). Qual è questa affezione? Ben più di quella di pedagogo, essa è quella di un padre; e ancor più: quella di una madre. (I Ts 2,7-11; ICor 4,15; Gal 4,19), Il Signore attende da ciascun predicatore del Vangelo e da ogni costruttore della Chiesa tale affezione. Un segno d’amore è il rispetto della situazione religiosa e spirituale delle persone che vengono evangelizzate. Rispetto del loro ritmo che non si ha il diritto di forzare oltre misura. Rispetto della loro coscienza e delle loro convinzioni, senza alcuna durezza. Un altro segno è l’attenzione a non ferire l’altro, soprattutto se egli è debole nella fede, con affermazioni che possono essere chiare per gli iniziati, ma diventare per i fedeli fonte di turbamento e di scandalo, come una ferita nell’anima. Un segno d’amore sarà anche lo sforzo di trasmettere ai cristiani, non dubbi e incertezze nati da una erudizione male assimilata, ma alcune certezze solide, perché ancorate alla parola di Dio.

Il nostro appello si ispira qui al fervore dei più grandi predicatori ed evangelizzatori, la cui vita fu dedicata all’apostolato: Essi hanno saputo superare tanti ostacoli all’evangelizzazione. Tra tali ostacoli ci limiteremo a segnalare la mancanza di fervore, tanto più grave perché nasce dal di dentro; essa si manifesta nella stanchezza, nella delusione, nell’accomodamento, nel disinteresse, e soprattutto nella mancanza di gioia e di speranza.

San Cipriano padre della chiesa ci ricorda con la celebre parola: “La Chiesa universale si presenta come “un popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
Il concilio e l’ecclesiologia di comunione (19)
La Chiesa è la comunione dei santi. Comunione dei santi vuol dire una duplice partecipazione vitale: l’incorporazione dei cristiani nella vita di Cristo, e la circolazione della medesima carità in tutta la compagine dei fedeli, in questo mondo e nell’altro. Unione a Cristo ed in Cristo; e unione fra i cristiani, nella Chiesa. I vincoli che uniscono i membri del nuovo popolo tra di loro e prima ancora con Cristo non sono quelli della carne e del sangue, bensì quelli dello Spirito Santo, che tutti i battezzati ricevono “Gl 3,1).

Il fedele laico non può mai chiudersi in se stesso, isolandosi spiritualmente dalla comunità, ma deve vivere in un continuo scambio con gli altri, con un vivo senso di fraternità, nella gioia di una uguale dignità e nell’impegno di far fruttificare insieme l’immenso tesoro ricevuto in eredità.

Lo Spirito Santo, mentre affida alla Chiesa-comunione i diversi ministeri, l’arricchisce di altri particolari doni e impulsi chiamati carismi. La descrizione e la classificazione che di questi doni fanno i testi del Nuovo Testamento sono un segno della loro grande varietà: “E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni; a uno il potere di fare miracoli, a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro il dono della varietà delle lingue: a un altro infine il dono di interpretare le lingue” (I Cor 12,7-10; cf, I Cor 12,4¬6 ,28-31; Rom 12,6-8; I Pt 4,10-11). Straordinari o semplici e umili, i carismi sono grazie dello Spirito Santo che hanno, direttamente o indirettamente, un’utilità ecclesiale, ordinati come sono all’edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e alle necessità del mondo. In riferimento all’apostolato dei laici il Concilio Vaticano II scrive: 2Per l’esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo, che opera la santificazione del popolo di Dio per mezzo del ministero e dei sacramenti, elargisce ai fedeli anche dei doni particolari (ICor12,7), “distribuendoli a ciascuno come vuole” (ICor12,11), affinché, “mettendo ciascuno a servizio degli altri la grazia ricevuta”, contribuiscano anch’essi, “come buoni dispensatori delle grazie ricevute da Dio(I Pt 4,10), alla edificazione di tutto il corpo nella carità(cf. Ef 4,16)”. Con chiare parole il Concilio scrive: “Il giudizio sulla loro (dei carismi) genuinità e sul loro esercizio ordinato appartiene a quelli che presiedono nella Chiesa, ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cf. ITess5,12 e 19,-21)”, affinché tutti i carismi cooperino, nella loro diversità e complementarietà, al bene comune.

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